Analisi
di Giovanni Battafarano
Attendere passivamente l’eventuale fallimento del governo giallo-verde non è nelle corde di un partito riformista
Dopo quaranta giorni, è prematuro stilare un primo, sommario giudizio sul Governo. Emergono tuttavia alcune tendenze di fondo, destinate probabilmente a consolidarsi nei prossimi mesi. La prima è la tendenza a una campagna elettorale permanente di Salvini, che mescola senza imbarazzo il suo ruolo di leader leghista con quello di vice premier e specialmente di ministro dell’Interno, funzione che meriterebbe ben altro profilo istituzionale. È un investimento nella politica della paura dell’emergenza migranti, che offre e impone un’immagine del problema ben superiore alla realtà effettuale e che, stando ai sondaggi, garantisce una notevole rendita elettorale.
Dall’altro lato, si avverte un evidente imbarazzo dei ministri 5S, che appaiono divisi tra subalternità ai leghisti (Toninelli) e incapacità a padroneggiare la risorsa-Governo (Di Maio). Le tensioni nella maggioranza potrebbero accrescersi nei prossimi mesi, specie se si manifestasse un’opposizione vigorosa, di cui però, allo stato, non si avvertono le tracce. Un’opposizione che dovrebbe essere inflessibile nella difesa dei diritti di libertà e di uguaglianza di fronte alla legge; dovrebbe interloquire e controproporre idee alternative sulle politiche sociali. I nostri padri politici ci hanno insegnato l’analisi differenziata: leghisti e grillini non sono la stessa cosa.
Il PD ha eletto Maurizio Martina segretario fino alle primarie del prossimo anno, ma non riesce ancora a elaborare una piattaforma alternativa convincente. Pesa l’incapacità, specie di Renzi e dei suoi, di elaborare il senso delle ripetute sconfitte degli ultimi anni. È un falso dilemma dividersi tra chi vuole rinnovare il PD e chi vuole andare oltre il PD, in nome di un “rassemblement” repubblicano. Né c’è spazio per un tardivo Macron italiano. Il PD deve rimettere le radici nel mondo della sinistra e coniugare in progetti politici parole chiave come lotta alle diseguaglianze, politiche di coesione sociale e nazionale, impulso alla green economy; primato del lavoro dignitoso e sicuro nell’epoca dell’industria 4.0 e della gig economy; fenomeno dell’immigrazione come capacità di tenere insieme il trinomio accoglienza, sicurezza, integrazione; grande investimento nella risorsa cultura e formazione. Il PD avrebbe bisogno di un congresso in cui, piuttosto che dividersi subito su questo o quel candidato, dovrebbe unirsi su una base condivisa di visione dell’Italia e del suo posto nell’Europa e nel mondo. Attendere passivamente l’eventuale fallimento del governo giallo-verde non è nelle corde di un partito riformista; l’alternativa va costruita subito anzitutto con il nostro popolo e con tutti coloro che pensano che sia giusto che alla crescita dell’economia si accompagni la crescita della solidarietà.
Giovanni Battafarano
è segretario generale di Lavoro&Welfare. È stato sindaco di Taranto e parlamentare.