È indispensabile ritornare a porre al centro dell’agenda politica il tema della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro
Questo articolo è tratto dall’intervento del senatore Antonio Montagnino – sottosegretario al Lavoro nel secondo Governo Prodi – al convegno “Salute e sicurezza sul lavoro. Il Testo Unico compie dieci anni” che si è svolto, a Roma, il 16 maggio 2018
Era il tempo del Governo Prodi, con il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, deciso a riformare e definire in un unico testo, che si aspettava da 30 anni, la normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro, perché consapevole che dinanzi ad un numero inaccettabile di incidenti e di quelle che impropriamente vengono definite “morti bianche”, non si potesse aspettare oltre.
Siamo partiti da qui, nel lontano 2007, nella convinzione che la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro fosse, allora come adesso, una tra le più alte espressioni di civiltà di un Paese moderno, perché ne certifica il grado di avanzamento sociale, economico e morale.
Non è quindi soltanto l’insieme di questioni tecniche da risolvere, costi da sostenere, regole da rispettare o sanzioni da applicare.
La sicurezza sul lavoro e la tutela della salute rappresentano un valore alto e inestimabile che deve essere patrimonio della coscienza collettiva.
Alla realizzazione della riforma ha contribuito un gruppo di persone generose e di qualità che hanno lavorato con professionalità e direi tanta passione, in stretta sinergia, giorno e notte, in un clima forse irripetibile. Consentitemi di ricordare tra gli altri l’impegno del collega Gian Paolo Patta, sottosegretario alla Salute, e di un amico che non c’è più: Giorgio Usai di Confindustria.
Insieme avevamo l’obiettivo di affermare il valore umano, etico e sociale del lavoro. E in materia di salute e sicurezza volevamo dare al Paese una riforma efficace e moderna. Si trattava di riordinare norme obsolete e non omogenee, anzi spesso contraddittorie e quindi di difficile applicazione: alcune da cancellare, altre da semplificare e innovare.
Siamo partiti da qui nel tentativo di aiutare la formazione di una coscienza collettiva di rispetto della vita delle persone e della dignità del lavoro, troppo spesso posposti alla logica del profitto e dello sfruttamento.
Abbiamo attuato una riforma coerente con la normativa europea e l’assetto costituzionale e messo in campo azioni mirate che hanno prodotto risultati concreti in termini di riduzione significativa degli infortuni totali e, in particolar modo, di quelli mortali.
I capisaldi di questo complesso normativo erano contenuti nella legge delega (del 3 agosto 2007, n.123): l’estensione del campo di applicazione a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio; a tutti i lavoratori e le lavoratrici, autonomi e subordinati; l’uniformità della tutela su tutto il territorio nazionale. Questo era stato nei precedenti tentativi di riforma uno dei principali problemi che siamo riusciti a risolvere attraverso un lungo lavoro di stretta collaborazione e confronto con le Regioni.
Mi permetto di ricordare che il disegno di legge delega risponde ai criteri di riordino, semplificazione, innovazione e si fonda su due pilastri: da un lato la prevenzione, con la diffusione della cultura della sicurezza, le misure premiali soprattutto per le piccole e medie imprese, la formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, la qualificazione delle imprese, l’integrazione dei sistemi informativi, il potenziamento degli organismi paritetici; dall’altro i controlli, con il coordinamento della vigilanza, l’incremento del personale ispettivo, la sospensione delle attività per gravi e reiterate violazioni della normativa sulla sicurezza, l’interdizione all’accesso di benefici di finanza pubblica per le imprese non virtuose.
Abbiamo lavorato, per la prima volta insieme su questo tema, ministero del Lavoro e ministero della Salute, amministrazioni e politica, attraverso il metodo del confronto istituzionale, con le Regioni e le parti sociali, certi che solo in questo modo sarebbe stato possibile attuare riforme condivise e quindi efficaci.
Non è stato semplice, per la complessità della materia e i limiti di tempo disponibili, ma alla fine ci siamo riusciti. Con la convergenza di tutte le forze politiche e il costante sostegno del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e con una spinta decisiva di accelerazione dopo l’incidente alla Thyssen Krupp di Torino.
È grazie a tale impegno condiviso che il 9 aprile 2008, dieci anni fa, veniva emanato il Testo Unico, il Decreto 81, concluso praticamente a Camere sciolte.
Gli interventi normativi successivi, prodotti dal Governo Berlusconi, hanno introdotto modifiche in alcuni casi peggiorative, ma non hanno destrutturato l’impianto, che ha retto, mentre i successivi Governi hanno da un lato introdotto elementi di ulteriore semplificazione, che in alcuni casi hanno destato qualche preoccupazione per l’abbassamento delle tutele ma, dall’altro, attuato interventi positivi.
Negli anni successivi al 2008 la riduzione degli incidenti e delle morti sul lavoro ha certificato l’efficacia della normativa a cui si è affiancata l’acquisizione di una coscienza collettiva orientata a rispettare regole e adempimenti, da non considerare solo formali: primo tra tutti il Documento di valutazione del rischio. Dal 2009 al 2016 infatti le denunce di infortuni si sono ridotte del 26%.
Oggi, dieci anni dopo, l’aumento delle morti sul lavoro e delle malattie professionali, iniziato già nel 2017, desta allarme. Bisogna comprenderne le ragioni: dalla caduta di attenzione rispetto a questi temi, a una riduzione dei controlli, a un allentamento nel rispetto della normativa. Molti di questi incidenti si sono verificati all’interno del sistema degli appalti e subappalti, altro ambito da rivedere.
Sicuramente ciò che occorre fare è innanzitutto dare al Testo Unico completa attuazione. Ad oggi, infatti, alcune parti di tale normativa, che prevedeva l’emanazione di appositi decreti, risultano mancanti o incomplete. Tra le norme inattuate è di fondamentale importanza il completamento del sistema di qualificazione delle imprese e la patente a punti per l’edilizia e occorre intervenire anche per un ulteriore rafforzamento nei controlli per i quali va realizzato un più efficace coordinamento. È indispensabile intervenire per consentire agli ispettori di operare efficacemente.
E poi, senza dubbio, occorre innovare ulteriormente la normativa adattandola alle nuove sfide del lavoro che cambia e producendo un aggiornamento delle norme tecniche.
A monte di tutto ciò è, però, indispensabile ritornare a porre al centro dell’agenda politica il tema della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, partendo dalla convinzione che non rappresenta un costo ma un investimento.
Occorre un forte impegno per ricreare una consapevolezza diffusa e una coscienza collettiva, a partire dalla formazione nelle scuole.
C’è ancora tanto da lavorare, sapendo che gli incidenti sul lavoro raramente derivano da casualità e si riesce a prevenirli efficacemente con interventi adeguati solo attraverso una positiva sinergia tra lavoratori, datori di lavoro, istituzioni ed enti.
Il tema della sicurezza deve rappresentare quindi un terreno comune di dialogo tra le istituzioni, le forze politiche e sociali, sul quale realizzare quel serrato confronto e quella ricerca di convergenze di cui il mondo del lavoro e l’intero Paese hanno urgente bisogno.
Continuiamo a lavorare insieme, con la convinzione che le tutele vanno rafforzate e non dismesse e occorre una lotta senza quartiere al lavoro nero e alla precarietà.
Chiediamo al Governo che verrà e ai partiti un impegno forte per porre questo tema tra le priorità concrete.
Non si può continuare a morire di lavoro. Il tributo di sangue pagato dai lavoratori deve cessare. Si può e si deve fare.
Antonio Montagnino
Senatore della Repubblica nella XIII e nella XIV legislatura. Dal 2006 al 2008 è Sottosegretario di Stato al Lavoro e alla Previdenza Sociale.