Previdenza
di Maurizio Sarti
La Rita permette, a chi è rimasto senza lavoro né prospettive, di anticipare il ritiro utilizzando il risparmio previdenziale costruito attraverso un Fondo pensione
Con la legge di bilancio 2018 – l’ultima della passata legislatura – è stata stabilizzata la Rita (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata). Che cosa è, a cosa serve, come funziona e a chi si rivolge? In primo luogo occorre dire che la Rita non è erogata dall’Inps, o altra cassa di primo pilastro – quelle delle pensioni obbligatorie, per intenderci – ma dai Fondi pensione complementare – quelli integrativi e volontari. Perciò, non fruibile da chiunque, ma solo da coloro che hanno, o avranno, la lungimiranza di aderire ad una forma pensionistica complementare.
Che cosa è: non è una vera e propria rendita, calcolata con parametri attuariali, ma la semplice divisione di quanto maturato presso la forma pensionistica per il numero di rate richieste dall’iscritto, anche detto “capitale frazionato”.
A cosa serve: la Rita ha la finalità di consentire al lavoratore e alla lavoratrice che sono rimasti senza lavoro, senza prospettive di un nuovo impiego o che intendono, semplicemente, anticipare il ritiro, fino a 5 o 10 anni prima della maturazione dell’età di pensionamento, utilizzando il proprio risparmio previdenziale presso il Fondo pensione.
Come funziona: avendo un’età di non oltre 5 anni inferiore all’età pensionabile (oggi, 62 anni invece di 67) è possibile richiedere al proprio Fondo pensione l’erogazione di una Rita, in rate massimo trimestrali e secondo il regolamento del Fondo, fino alla maturazione dell’età di pensionamento, raggiunta la quale si ha diritto alla pensione di vecchiaia dell’Inps o di altra Cassa. È prevista anche la Rita decennale in caso di inoccupazione superiore ai 24 mesi, con le stesse caratteristiche di quella quinquennale. Un’ultima avvertenza: la legge stabilisce la durata massima (5 o 10 anni) ma non quella minima, dunque è possibile fruire della Rita anche per periodi inferiori.
A chi si rivolge: conditio sine qua non è essere iscritto a forme pensionistiche complementari da almeno 5 anni, aver cessato l’attività lavorativa, possedere un’anzianità contributiva alla previdenza obbligatoria di almeno 20 anni e raggiungere l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia, nel regime obbligatorio, entro i cinque anni (ovvero i dieci anni) successivi alla richiesta. Per poter accedere alla Rita decennale occorre aggiungere lo stato di inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 24 mesi per poter presentare la richiesta al proprio Fondo.
Questa che, senza dubbio, è un’opportunità in più per lavoratori e lavoratrici, è vista dagli operatori del settore in modo diversificato. C’è chi la ritiene la potenziale causa di attenuazione, se non lesione della finalità principe dei Fondi pensione – cioè erogare pensioni complementari alla pensione obbligatoria – mentre c’è chi la ritiene lo strumento attraverso il quale il Fondo pensione entra nel campo degli ammortizzatori sociali svolgendo un ruolo sempre più crescente.
Indipendentemente da come la si vede è incontestabile che questo istituto, voluto dal Governo di centro-sinistra, può svolgere un ruolo di tutela che da risposta ai bisogni e alle aspettative di lavoratori e lavoratrici.
Unico difetto, occorre essere iscritti ad un Fondo pensione. Ed esserlo per il tempo necessario a costruirsi un gruzzoletto che possa consentirci di sostenerci in attesa della pensione di vecchiaia. Ma, questo, più che un limite della Rita è un limite del sistema pensionistico complementare che vede aderire alle forme pensionistiche (complementari) non più del 30% dei lavoratori e delle lavoratrici del nostro Paese.
Maurizio Sarti
è direttore generale del Fondo Pensione Perseo Sirio